A Scalea, una piccola cittadina della costa Tirreno cosentina, si apre il dibattito politico sul progetto di realizzare un Porto turistico. Un progetto ultra decennale che di recente ha ottento il V.I.A.
Naturalmente uno dei soliti progetti avviati con l'idea di farlo "progettare" e realizzare da terzi privati attraverso una concessione trentennale (Project financing). Un tipico investimento nato in provetta, figlio di pochi stratificato sull' esistente. Un progetto mai inserito nel contesto!
Così, dopo essersi “concluso positivamente l'"iter" amministrativo e tecnico svolto dal Nucleo di Valutazione di Impatto Ambientale che ha rilasciato un parere favorevole ma sottomesso a vincoli e disposizioni che potrebbero richiedere una sostanziale revisione al progetto definitivo, si e' aperta, una sana ed ampia discussione sull'impatto socio - ambientale dell'attuale configurazione del progetto.
Alle numerose prescrizioni tra cui il rispetto integrale della rocca di Torre Talao e della sua perimetrazione alla base o la verifica del progetto attraverso le cosiddette prove “in vasca” si aggiungono i problemi idrogeologici e di deflusso delle acque, le linee di possibile erosione o insabbiamento della costa circostante, il problema della circolazione stradale sulla s.s. 18, confinante con il futuro manufatto, e del suo intasamento estivo, la dimensione del porto e la sua convenienza economica. Tutti temi connessi e convergenti alla realizzazione del progetto.
Temi del dibattito, i cui toni sembrano però solo risentire delle convenienze politiche, come e' prassi in questo strano paese.
I realtà i problemi posti sembrano ragionevoli ma risolvibili solo se connessi a soluzioni aperte e senza vincoli pregiudiziali.
Una struttura portuale, prevista per 510 posti barca/giorno immaginata nel pieno centro cittadino, e' una "opera" di grande impatto socio - politico che merita, e deve, essere collocata in un piu' ampio e complesso progetto di sistema di investimenti collocati in una rigida scala di priorita'.
E non puo' essere lasciata alla merce' delle convenienze economiche di un investitore privato, sopratutto se questi non avesse le risorse patrimoniali, economiche e/o manageriali, per condurre in porto un progetto trentennale.
I danni che ne potrebbero derivare, non solo al territorio ma anche all'ambiente, sarebbero letali per il tutto il distretto.
Tralasciando, quindi, il tema della collocazione in riferimento alle distanze nautiche minime rispetto alle aree portuali confinanti, all'esistenza di un mercato di riferimento e quindi all'effettivo utilizzo giornaliero dei posti barca disponibili, alla qualità e dimensione delle barca ospiti, alla capacita' di organizzare l'offerta dei servizi accessori, tutti impegni che si assume il costruttore/gestore, il tema e' quindi la "collocazione" del porto nel territorio.
Scalea, almeno da come appare dalle stampa anteriori alla costruzione della nuova sede ferroviaria e della nuova S.S. 18 (uno scempio ambientale
epocale che, con il semplice scarico a mare dei residui degli scavi, ha modificato stabilmente il profilo e la natura delle coste di tutto il territorio circostante), aveva, nell'area, gia' un porto naturale.
Un porto molto arretrato rispetto al profilo di costa odierno.
E' da qui che bisogna partire.
Prima priorita': ripensare il percorso della strada statale, spostandola a monte, riducendo i danni che al turismo e alle imprese turistiche (alberghi, ristoranti, negozi) porta questo attraversamento.
Seconda priorità: ridare alla costa prospiciente il castello il naturale profilo, abbattendo il costruito in questi ultimi 50/60 anni di scempio. Questo permetterebbe di guadagnare spazio al costruendo porto evitando così il danno ambientale che ne verrebbe con un porto che sporge per molte decine di metri oltre il profilo attuale. Mantenendo le aree e le spiagge prospicienti gli alberghi esistenti ad uso balneare/turistico.
Terza priorita': Attrezzare il centro storico al servizio degli ospiti del porto, a partire dal castello.
In modo che il porto lo possa usare come "borgo", una area turistica viva al servizio del porto e del turismo.
Naturalmente queste operazioni dovrebbero liberare il corso principale della cittadina permettendo ai numerosi alberghi prospicienti la strada di respirare offrendo ai propri ospiti un novello boulevard pedonale pieno di alberi, ricchi negozi ed aree di sosta e ristoro.
Per accrescere il mercato applicabile e disponibile, si potrebbe poi collegare meglio i servizi del porto con aree di interesse contigue per esempio ri-utilizzando la vecchia galleria ferroviaria in disuso che potrebbe collegarlo direttamente con gli utenti provenienti dalle spiagge di San Nicola Arcella.
Tutto ciò per restituire a Scalea un ruolo di città turistica che in quest'ultimo decennio aveva perduto a favore di una più modesta ambizione di città di snodo e di servizio.
Una struttura portuale, prevista per 510 posti barca/giorno immaginata nel pieno centro cittadino, e' una "opera" di grande impatto socio - politico che merita, e deve, essere collocata in un piu' ampio e complesso progetto di sistema di investimenti collocati in una rigida scala di priorita'.
E non puo' essere lasciata alla merce' delle convenienze economiche di un investitore privato, sopratutto se questi non avesse le risorse patrimoniali, economiche e/o manageriali, per condurre in porto un progetto trentennale.
I danni che ne potrebbero derivare, non solo al territorio ma anche all'ambiente, sarebbero letali per il tutto il distretto.
Tralasciando, quindi, il tema della collocazione in riferimento alle distanze nautiche minime rispetto alle aree portuali confinanti, all'esistenza di un mercato di riferimento e quindi all'effettivo utilizzo giornaliero dei posti barca disponibili, alla qualità e dimensione delle barca ospiti, alla capacita' di organizzare l'offerta dei servizi accessori, tutti impegni che si assume il costruttore/gestore, il tema e' quindi la "collocazione" del porto nel territorio.
Scalea, almeno da come appare dalle stampa anteriori alla costruzione della nuova sede ferroviaria e della nuova S.S. 18 (uno scempio ambientale
epocale che, con il semplice scarico a mare dei residui degli scavi, ha modificato stabilmente il profilo e la natura delle coste di tutto il territorio circostante), aveva, nell'area, gia' un approdo naturale.
Un approdo molto arretrato rispetto al profilo di costa odierno.
La quota originaria del terreno e della spiaggia nell'area era, ed e' ancora, molto al di sotto del livello della attuale strada statale e Torre Talao rappresentava l'esterno lembo di territorio di questo approdo.
Bisognerebbe quindi avviare una operazione di ripristino del territorio.
E' da qui che bisogna partire.
Avendo il coraggio di non stratificare ma di scomporre e ricomporre. In modo ordinato
E con le priorità di un piano strutturale complesso.
Prima priorita': ripensare il percorso della strada statale, spostandola a monte, riducendo i danni che al turismo e alle imprese turistiche (alberghi, ristoranti, negozi) porta questo attraversamento.
Seconda priorità: ridare alla costa prospiciente il castello il naturale profilo, abbattendo il costruito in questi ultimi 50/60 anni di scempio. Questo permetterebbe di guadagnare spazio al costruendo porto evitando così il danno ambientale che ne verrebbe con un porto che sporge per molte decine di metri oltre il profilo attuale. Mantenendo le aree e le spiagge prospicienti gli alberghi esistenti ad uso balneare/turistico.
Terza priorita': Attrezzare il centro storico al servizio degli ospiti del porto, a partire dal castello.
In modo che il porto lo possa usare come "borgo", una area turistica viva al servizio del porto e del turismo.
Naturalmente queste operazioni dovrebbero liberare il corso principale della cittadina permettendo ai numerosi alberghi prospicienti la strada di respirare offrendo ai propri ospiti un novello boulevard pedonale pieno di alberi, ricchi negozi ed aree di sosta e ristoro.
Per accrescere il mercato applicabile e disponibile, si potrebbe poi collegare meglio i servizi del porto con aree di interesse contigue per esempio ri-utilizzando la vecchia galleria ferroviaria in disuso che potrebbe collegarlo direttamente con gli utenti provenienti dalle spiagge di San Nicola Arcella.
Tutto ciò per restituire a Scalea un ruolo di città turistica che in quest'ultimo decennio aveva perduto a favore di una più modesta ambizione di città di snodo e di servizio.
Gli ambientalisti locali, gli anziani che ne conservano il ricordo e i giovani amanti del territorio e delle sua storia dovrebbero tener conto di queste considerazioni, eventualmente integrandole, portandole a conoscenza dei tanti che, pur inconsapevoli, parlano solo per .... sentirsi presenti.
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lunedì 26 dicembre 2011
Gli investimenti al Sud, occasioni (per pochi) acciuffate al volo!
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lunedì 9 novembre 2009
Privatizzazioni !?!
La politica delle privatizzazioni applicata da Margaret Thatcher negli anni del suo secondo mandato (1983-1987), nota come thatcherismo (ma in realtà strettamente dipendente dal pensiero degli economisti Friedrich von Hayek e Milton Friedman), è stata, e tuttora rimane, uno strumento molto controverso. Se in parte questa politica ha contribuito a ringiovanire l'economia del Regno Unito e dei paesi che l'hanno applicata, essa, in realtà, è servita ad aumentare il numero di disoccupati e ad aumentare il divario fra ricchi e poveri.
Niente a che vedere con la politica di Ronald Wilson Reagan ha sviluppato negli anni ottanta che ha avviato una spietata liberalizzazione ed una politica di aumento dei consumi favorendo la riduzione della tassazione alle classi sociali forti.
Politiche di rottura che sono servite a modificare impostazioni correnti in quegli anni ma che hanno creato condizione di instabilità, rischio per i consumatori e la creazioni d due mondi separati : i ricchi e i super poveri (vedi La fine del lavoro di Jeremy Rifkin).
Politiche che ora a 30 anni di distanza le stesse nazioni che queste politiche hanno a quel tempo adottato hanno dovuto rivedere e stanno modificando.
Tragico è che mentre nel mondo si torna ad una politica solidale, noi in Italia, ancora nelle mani di oscuri guru del clan dei craxiani, i cui danni alla nostra economia ed al nostro debito pubblico stiamo ancora pagando, stiamo correndo verso la distruzione dello stato sociale.
Mescolando, con insipienza, privatizzazioni con liberalizzazioni, pubblico con privato, riduzione delle caste professionali con la riduzione ad utili di bilancio delle utilità per il paese.
A questo abbiamo voluto aggiungere la reganiana politica di favorire le classi forti ma non con una sana ed impopolare riduzione delle imposte ma con una furfantesca politica di riduzione del controllo fiscale, della elusione e dei condoni mascherati (vedi scudo fiscale).
Creando, così, una classe invisibile di peones che spende ormai solo per nutrirsi e non conta più niente, non solo per i governanti del paese, ma per il paese tutto.
Favorire chi consuma per consumare beni e servizi non essenziali! Una politica cieca senza continuità e senza futuro.
Per esempio per le "utility" ha senso che le Ferrovie dello Stato si compiacciano in questi giorni di aver raggiunto un sostanzioso utile di bilancio?
Oppure, nel campo della salute pubblica, che senso ha la regionalizzazione e la privatizzazione delle cure sanitarie?
(continua)
Niente a che vedere con la politica di Ronald Wilson Reagan ha sviluppato negli anni ottanta che ha avviato una spietata liberalizzazione ed una politica di aumento dei consumi favorendo la riduzione della tassazione alle classi sociali forti.
Politiche di rottura che sono servite a modificare impostazioni correnti in quegli anni ma che hanno creato condizione di instabilità, rischio per i consumatori e la creazioni d due mondi separati : i ricchi e i super poveri (vedi La fine del lavoro di Jeremy Rifkin).
Politiche che ora a 30 anni di distanza le stesse nazioni che queste politiche hanno a quel tempo adottato hanno dovuto rivedere e stanno modificando.
Tragico è che mentre nel mondo si torna ad una politica solidale, noi in Italia, ancora nelle mani di oscuri guru del clan dei craxiani, i cui danni alla nostra economia ed al nostro debito pubblico stiamo ancora pagando, stiamo correndo verso la distruzione dello stato sociale.
Mescolando, con insipienza, privatizzazioni con liberalizzazioni, pubblico con privato, riduzione delle caste professionali con la riduzione ad utili di bilancio delle utilità per il paese.
A questo abbiamo voluto aggiungere la reganiana politica di favorire le classi forti ma non con una sana ed impopolare riduzione delle imposte ma con una furfantesca politica di riduzione del controllo fiscale, della elusione e dei condoni mascherati (vedi scudo fiscale).
Creando, così, una classe invisibile di peones che spende ormai solo per nutrirsi e non conta più niente, non solo per i governanti del paese, ma per il paese tutto.
Favorire chi consuma per consumare beni e servizi non essenziali! Una politica cieca senza continuità e senza futuro.
Per esempio per le "utility" ha senso che le Ferrovie dello Stato si compiacciano in questi giorni di aver raggiunto un sostanzioso utile di bilancio?
Oppure, nel campo della salute pubblica, che senso ha la regionalizzazione e la privatizzazione delle cure sanitarie?
(continua)
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